– Che lavoro fai?
– Sono un graphic designer
– Aaahhhh capisco. No sul serio, che lavoro fai?
Eh sì, molte volte il mio lavoro non è nemmeno definito come un vero e proprio impiego, perlopiù come un hobby.
È luogo comune definire i lavori artistici come leggeri, privi di una qualche fatica per raggiungere un certo obiettivo; in una parola: facili.
In una società come la nostra, quella italiana, nella quale si fatica su certe tematiche ad avere un pensiero nuovo e al passo col cambiamento del mondo, è difficile far comprendere il lavoro che c’è dietro le quinte di un designer, di un fotografo o di un illustratore.
Certo, a volte siamo davanti a geni incontrastati che nel giro di 5 minuti sfornano un’idea grandiosa, ma non siamo tutti così. Ognuno ha i suoi tempi, i suoi ragionamenti… Non si parla di mediocrità, ma semplicemente di diversità.
Il valore aggiunto lo genera il professionista: gli anni che ha impiegato a raggiungere una certa esperienza, i lavori che ha svolto, gli strumenti che sa utilizzare e gli errori che ha commesso. Tutto questo bagaglio celato è sempre presente in un progetto grafico che si concretizza, appunto, nel risultato finale.
Purtroppo, vedendola in un’altra prospettiva, il fatto di essere nascosto agli occhi dell’utente finale lo rende inesistente.
Ovvio, non tutti la pensano in questo modo, è giusto riconoscere anche l’apertura e la serietà di moltissimi clienti che riconoscono il valore di ogni lavoro e si affidano a professionisti per la loro immagine aziendale. Comunque questo, soprattutto nel nostro paese, è un tema ancora caldo e sentito nel mio settore.
Secondo me la causa di questa situazione può arrivare da due fattori:
Fattore n.1
La concorrenza malsana che porta il cliente a puntare sempre al ribasso
Il cliente ha interesse solo del risultato finale, non ha bisogno di sapere quanta fatica si è fatta per raggiungere l’obiettivo. Questo è comprensibile, però il concetto si scontra con l’agognato problema del “Quanto mi costi?”.
Lasciando per un momento da parte la bravura del professionista, la qualità del prodotto finale è direttamente proporzionale al budget e di conseguenza al tempo impiegato per realizzarlo. Non esiste un progetto graficamente perfetto, fatto in pochissimo tempo e con un costo irrisorio. È brutto da dire in modo così sfacciato, ma la qualità si paga e chi non segue questo ragionamento lede sia la sua professionalità che quella dei colleghi.
Spesso vedo pubblicità come “Sito a €50!!!” oppure “Logo + biglietto da visita pronto in giornata!”. Non avete idea delle bagarre che causano questi annunci nei gruppi social di graphic design. Le figure non professionali che si promuovono in questo modo li chiamiamo “cugini” (o come dico io “cuggini”) e sono, per esempio, ragazzi che tentano di aprirsi una strada nel mondo della comunicazione, senza conoscerne le basi e pensando che alla fine “tutti sono capaci ci mettere giù due scritte e colori qua e là”.
La svendita del proprio lavoro capita anche con professionisti che così facendo sviliscono la loro figura competente in materia, senza nemmeno rientrare nei costi basilari per un progetto. Va bene la passione per il lavoro, ma ci si impegna anche per avere una certa soddisfazione economica, o sbaglio?
Mi potrai dire: “Ma scusa Mirco, cosa ti interessa se uno si propone in quel modo?”. In certi versi puoi avere ragione. Alla fine il cliente che vuole tutto il possibile e immaginabile a €50 non sarà mai un mio cliente, quindi ognuno si affida a chi vuole, a seconda delle sue possibilità. Ma il solo fatto di poter offrire un servizio del genere porta automaticamente nella mente del cliente alla considerazione che tutto è permesso e può essere fatto a quel prezzo, a prescindere che si vada dal designer A o dal designer B.
Perciò, quando vedrà un preventivo che si discosterà molto dal suo pensiero iniziale, il cliente esclamerà “Ma come, così tanto?” Si, anzi no, non è tanto, è il giusto. Se si vuole un prodotto finale professionale bisogna anche essere coscienti di predisporre di un budget per realizzarlo. La comunicazione non è l’ultima ruota del carro in un’azienda, ma uno degli elementi portanti. Se si comunica male ne risentirà anche l’immagine aziendale.
Fattore n.2
Il professionista non sa trasmettere il valore del suo lavoro
Il graphic designer deve essere in grado di dimostrare la sua competenza, non solo nel prodotto finito, ma deve motivare le sue scelte. Altrimenti i ragionamenti per arrivare a quelle scelte rimarrebbero solamente nella sua testa.
Perché è stato scelto quel colore? Perché tutto quello spazio bianco? Perché quell’immagine desaturata?
Sono tutte questioni (o peggio, dubbi) che un cliente potrebbe avere visionando una proposta grafica. Bisogna saper anticipare queste domande, spiegare, essere esaustivi.
Per questo è necessario accompagnare sempre una presentazione, scritta o a voce, che giustifichi certe scelte. Bisogna far comprendere l’impegno, il ragionamento, la ricerca che si è fatta per rendere più saldo ed efficace un progetto di comunicazione.
Ho scelto di fare il graphic designer perché i colori, le forme, le immagini, rendono tutto più vivo e umano. Il saperli accostare in modo corretto e armonioso aggiungono valore.
In fondo il mio lavoro e quello di molti altri, tentano nel nostro piccolo di rendere il mondo un po’ più bello, non trovi?
Alla prossima!

Mi chiamo Mirco Baldocchi, ho 32 anni e vivo in provincia di Monza. Sono un Web/Graphic Designer con svariati anni di esperienza nel campo della comunicazione off-line e on-line.
Mi occupo di: Brand e Corporate identity, Comunicazione off-line e on-line.